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Città
di Trecastagni
Il Mulino a Vento
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Caratteristica torre rotonda costruita su di un
colle sovrastante il paese, con i ruderi di costruzioni romane;
rimonta certamente a prima dell'invasione Saracena e dovette servire
a scopo di vedetta e fortificazione, in seguito, sotto il dominio
Normanno fu adattata a mulino ed ancora nel primo piano esistono
le macine in pietra.
Un antico ritornello che si canta sino ad oggi su
tutte le aie della Sicilia, dice così:
Ammenzu di Trecastagni e la Pidara,
c'è un mulino a ventu ca macina,
macina menza sarma la simana
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Ciò dimostra la grande notorietà di questo mulino, sito in una
zona niente affatto frumentaria, a cui non si riconoscevano le qualità
tecniche per la macinazione e quindi l'irrisorio rendimento rammentato
nel canto popolare.
Verso la fine del XVI secolo era proprietà privata, du dai possessori
donato alla Chiesa di S. Alfio, perchè, nelle feritoie esistenti
nel piano superiore, vi fossero posti tre cannoni ad avancarica
ed un petriere, da spararsi in segno di gioia nei giorni di festa.
Si tratta di vecchi pezzi di artiglieria rinvenuti in varie epoche
negli scavi dellle vigne, residuati, forse delle pugne campali fra
Aragonesi ed Angioini che si combatterono lungo la costiera dell'Jonio. |
Nel 1861 i cannoni furono requisiti e portati a Messina
per guarnire l campo trincerato dell'esercito meridionale che assediava
l'ultima guarnigione borbonica asserragliata nella Cittadella al comando
del Maresciallo di campo Fergola.
Dopo la fine delle operazioni, i pezzi furono restituiti al paese per
interessamento del locale comando della Guardia Nazionale, che inviò
in Messina a ritirarli il giovane concittadino Avv. Alfio Coco , latore
pure di un dono, costituito da quattro vitelli, che il Municipio di
Trecastagni aveva destinato alle cucine dell'esercito.
Tempo fa uno di questi cannoni scoppiò andando a cadere nella sottostante
vallata del Monte Serra, fu sostituito con un grosso pezzo, di circa
due metri di lunghezza, donato dalla famiglia Puglisi Grassi che lo
aveva rinvenuto sepolto nelle sue terre in contrada di Acireale.
Nei giorni di festa quando i cannoni fanno udire il loro rombo, il popolino
si raduna lungo la passeggiata Pucina, per vedere la vampata scaturire
dalle feritoie del fortino, e dal tuono del colpo riconosce di quale
cannone si tratta, giacchè la fantasia popolare ha voluto loro affibbiare
dei nomi: S, Alfio; Sarina; u Macchiotu (forse perchè
ritrovato a Macchia di Giarre)
(N.d.R.) Di tanto resiste al trapasso delle tradizioni
solo lo sparo dei cannoni in occasione dell'inizio della festa di S.
Alfio (il 1° di maggio) mentre lo spiazzo circostante adattato alla
meglio e senza alcuna tutela è lasciato all'invasione delle auto.
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